Il tipico visitatore occasionale che si ritrova a guidare per le panoramiche strade del Chianti, non si è fatto mancare una sosta presso una delle più affascinanti pievi del contado fiorentino: la pieve di Sant’Appiano.
Non si può però dire che la strada percorsa sia quella principale, anzi, il visitatore si sarà imbattuto in almeno un paio di incroci con numerosi cartelli con i nomi di vari paesi: Certaldo, Barberino Val d’Elsa, Poggibonsi, Petrognano, Vico d’Elsa, Linari, Pastine, Poneta. Questi, come altri, sono il segno della grande densità di popolazione di cui godevano in passato queste campagne.
Nel medioevo infatti queste zone erano intensamente frequentate da viandanti, mercanti, pellegrini, soldati e cavalieri. La strada che passava dalla pieve di Sant’Appiano era una delle direttrici che conducevano alla Via Francigena e ai maggiori centri abitati, come Firenze, Siena e Volterra.
La pieve era il centro direzionale, il fulcro della vita civile e religiosa delle campagne circostanti. Vi si svolgevano le cerimonie più importanti, come il battesimo, che veniva celebrato nel battistero romanico, crollato nel 1805 a causa di un terremoto e del quale rimangono i pilastri di fronte alla facciata della chiesa.
Oggi l’edificio è circondato da un folto cipresseto che ne impedisce una visione completa da lontano, fatta eccezione per il campanile. Originariamente, invece, doveva essere ben visibile e prominente sulla collina, ben riconoscibile grazie agli intonaci colorati (giallo, ocra, arancio) che caratterizzavano gli elementi architettonici dell’XI secolo.
La pieve di Sant’Appiano era spesso meta di pellegrinaggi di fedeli, che si recavano a venerare il corpo dell’omonimo evangelizzatore, gelosamente custodito in chiesa nel suo letto funebre e trasportato una volta l’anno (il 9 di novembre) in solenne processione intorno all’ameno colle del paese.
Appiano visse verosimilmente in epoca paleocristiana e fece un pellegrinaggio in Terra Santa, dalla quale trasse le reliquie di San Policarpo per portarle con sé a Monteloro, antico nome della località di Sant’Appiano, nella quale decise di ritirarsi al fine di evangelizzare gli abitanti. Il suo viaggio fu pieno di insidie e innumerevoli tentazioni tese dalla vile vita terrena, rappresentata come la fitta selva del peccato, dalla quale egli scampò grazie alla fede acquisita durante il pellegrinaggio. Questo processo di redenzione dal peccato e acquisizione della vera fede cristiana viene raffigurato simbolicamente dal green man scolpito nel semi-capitello a ridosso dell’abside a destra.
Durante l’intervento architettonico del capocantiere comacino Bonseri, dopo il 1171, in seguito al crollo del campanile sulla navata destra della chiesa, se ne rese necessaria la ricostruzione. Il semi-capitello in pietra arenaria presenta due green men barbuti, che sbucano da rigogliose foglie d’acanto, con i capelli regolarmente scriminati e con grandi occhi spalancati con le pupille evidenziate dall’inserimento di tasselli di piombo.
Il folto fogliame simboleggia la selva del peccato che tiene gli uomini nelle tenebre, ma alcuni di essi vengono illuminati dalla fede, la quale apre loro gli occhi sul vero significato della vita. Ecco perché questi volti hanno gli occhi così sgranati.
Il motivo del green man però ha un’origine più antica della religione cristiana, infatti questa iconografia deriva da quella pagana del dio Pan, raffigurato come una testa maschile barbuta, che rigetta dalla propria bocca dei tralci vegetali. Si tratta quindi di una delle tante reinterpretazioni che si davano alle iconografie pagane in epoca cristiana. Per i pagani era il simbolo per eccellenza della rigenerazione vitale, del ciclo della natura. Con il cristianesimo il significato si arricchisce della vita prossima nell’aldilà, facendo immedesimare il fedele nel personaggio stesso lì scolpito e investito dalla luce divina. Non a caso a Sant’Appiano questo capitello si trova accanto all’abside, nella zona presbiteriale, il cuore spirituale della chiesa.
Il primo studio eseguito a tappeto su questa figura fu pubblicato da Kathleen Basford nel 1978 nel Suffolk e da allora la sua denominazione è rimasta in lingua inglese.
Sul perché questa simbologia si trovasse proprio a Sant’Appiano lo abbiamo già detto: era una delle direttrici stradali principali in epoca medievale e il green man si ritrova molto spesso in chiese italiane e d’oltralpe, conosciute come tappe fondamentali sul cammino verso Santiago de Compostela o verso Roma. Esempi da prendere in considerazione sono i green men della pieve di San Giovanni Battista a Mensano (Casole d’Elsa, Siena), la pieve di San Pietro a Gropina (Loro Ciuffenna, Arezzo), l’abbazia di Sant’Antonio a Ranverso (Buttigliera Alta, Torino) e Nôtre Dame du Port a Clermont Ferrand (Alvernia).